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La marcia dell’Unione Europea verso la regolamentazione dell’intelligenza artificiale, conosciuta come AI Act, è iniziata nel lontano 2018. Con una visione che oscilla tra l’utopia di un futuro digitale sicuro e la distopia di un controllo tecnologico sfrenato da parte di governi e multinazionali.
Questo viaggio ha visto tappe cruciali: dall’adozione di linee guida etiche nel 2019, passando per proposte regolamentari nel 2021, fino all’accordo politico raggiunto a dicembre 2023. Ogni fase ha riflettuto la tensione tra il desiderio di promuovere l’innovazione e la necessità di proteggere i diritti fondamentali dei cittadini.
lo step più recente è avvenuto il 2 febbraio 2024, in cui i rappresentanti dei 27 paesi dell’UE hanno dato il loro consenso unanime alla revisione della bozza presentata lo scorso 23 gennaio, sigillando il destino dell’AI Act in un gesto che prelude alla sua approvazione finale, prevista il 13 febbraio alla commissione dei legislatori e successivamente il 24 aprile direttamente al parlamento europeo.

Contesto e Motivazione

L’AI Act emerge come risposta diretta alle sfide poste dall’avanzata dell’intelligenza artificiale, un campo in rapida evoluzione che sta rimodellando il tessuto socio-economico globale.
Questa normativa pionieristica riflette l’ambizione europea di posizionarsi all’avanguardia nella definizione di un quadro etico e giuridico per l’AI, mirando a conciliare il progresso tecnologico con i valori fondamentali di rispetto della dignità umana, privacy e democrazia.
In un’era segnata da progressi esponenziali nell’apprendimento automatico, nei sistemi decisionali autonomi e nell’elaborazione del linguaggio naturale, l’Unione Europea ha riconosciuto la necessità imperante di una regolamentazione che prevenisse abusi, discriminazioni e altri rischi potenziali.
L’AI Act si propone quindi di stabilire standard severi per la trasparenza, l’affidabilità e la sicurezza dell’intelligenza artificiale, imponendo controlli rigorosi specialmente per le applicazioni considerate ad alto rischio.
Questo contesto normativo si inserisce in una visione più ampia di un digitale etico, dove la tecnologia serve l’umanità e contribuisce a promuovere un progresso equo e sostenibile.
La regolamentazione dell’AI, dunque, non solo cerca di prevenire gli scenari distopici spesso evocati dalla narrativa popolare e scientifica, ma anche di fornire un terreno solido su cui costruire future innovazioni, garantendo che queste siano in linea con i diritti umani e i principi democratici.

Obiettivi Principali e Classificazione dei Rischi nell’AI Act

L’AI Act, pietra miliare della regolamentazione europea sull’intelligenza artificiale, si prefigge l’obiettivo ambizioso di promuovere l’innovazione tecnologica garantendo al contempo la sicurezza, la trasparenza e il rispetto dei diritti fondamentali.
Al cuore di questa legislazione vi è la classificazione dei sistemi AI basata sul livello di rischio, che riflette la determinazione dell’UE a bilanciare progresso e protezione.
  1. Rischio Inaccettabile: Al vertice della piramide dei rischi, troviamo le applicazioni AI considerate inaccettabili e quindi proibite. Queste includono i sistemi di valutazione sociale, l’intelligenza artificiale manipolativa o ingannevole, che possono distorcere il comportamento umano o compromettere la capacità di prendere decisioni informate. Questa categoria mira a prevenire l’emergere di pratiche che potrebbero minare i principi democratici e i diritti umani.
  2. Alto Rischio: La maggior parte del testo dell’AI Act si concentra sui sistemi AI ad alto rischio, che sono soggetti a regolamentazione stringente. Questi sistemi, che includono applicazioni critiche come quelle impiegate nella sorveglianza biometrica o nella gestione di infrastrutture critiche, devono soddisfare requisiti rigorosi in termini di trasparenza, sicurezza e affidabilità.
  3. Rischio Limitato: I sistemi AI con rischio limitato richiedono obblighi di trasparenza meno severi. Gli sviluppatori e i distributori devono assicurarsi che gli utenti finali siano consapevoli di interagire con un sistema AI. Esempi includono chatbot e deepfake, dove la chiara indicazione dell’uso di AI è fondamentale per la consapevolezza dell’utente.
  4. Rischio Minimo: Infine, l’AI Act considera la maggior parte delle applicazioni AI attualmente disponibili sul mercato unico europeo, come i videogiochi abilitati all’AI e i filtri antispam, come di rischio minimo. Queste applicazioni rimangono largamente non regolamentate, riconoscendo che il loro impatto sulla società e sui diritti individuali è generalmente limitato.
Questo approccio stratificato permette all’AI Act di concentrarsi sulle aree di maggiore preoccupazione senza soffocare l’innovazione in settori a basso rischio.
Le obbligazioni imposte ai fornitori di sistemi AI ad alto rischio, che includono una rigorosa gestione del rischio durante tutto il ciclo di vita del sistema, la governance dei dati e l’obbligo di tenere documentazione tecnica dettagliata, riflettono l’impegno dell’UE a garantire che l’innovazione in campo AI proceda in modo responsabile e sicuro.

Punti Chiave e Implicazioni per le Imprese

L’AI Act stabilisce un precursore normativo globale con profonde implicazioni per le aziende che sviluppano o utilizzano sistemi di intelligenza artificiale. Attraverso una cornice regolamentare dettagliata, l’atto non solo mira a salvaguardare i diritti fondamentali dei cittadini europei ma pone anche specifiche responsabilità e requisiti per le imprese operanti nell’UE.
Ecco i punti chiave dell’AI Act e le relative implicazioni per il mondo imprenditoriale:
  1. Classificazione Basata sul Rischio e Conformità Regolatoria: Al centro dell’AI Act vi è la classificazione dei sistemi AI in base al livello di rischio. Le aziende dovranno valutare attentamente i propri sistemi AI per determinare la categoria di rischio corrispondente e adottare le misure di conformità necessarie. Questo implica un onere significativo in termini di valutazione del rischio, documentazione tecnica e implementazione di sistemi di gestione del rischio, soprattutto per i fornitori di sistemi AI ad alto rischio.
  2. Obblighi per Fornitori e Utilizzatori: L’AI Act distingue chiaramente tra i fornitori (sviluppatori) e gli utilizzatori (deployer) dei sistemi AI, attribuendo a ciascuno specifici obblighi. I fornitori di sistemi ad alto rischio, in particolare, sono tenuti a istituire un sistema di gestione del rischio per l’intero ciclo di vita del prodotto, assicurare la governance dei dati e mantenere una documentazione dettagliata per dimostrare la conformità. Gli utilizzatori, d’altro canto, hanno la responsabilità di utilizzare i sistemi AI conformemente alle istruzioni fornite, garantendo così la sicurezza e l’affidabilità nell’uso professionale.
  3. Trasparenza e Supervisione Umana: L’AI Act pone un forte accento sulla trasparenza e sulla necessità di una supervisione umana, particolarmente per i sistemi AI ad alto rischio. Le imprese devono garantire che i loro sistemi siano progettati per facilitare un adeguato livello di supervisione umana e che gli utenti siano pienamente informati dell’interazione con sistemi AI, aumentando così la fiducia del pubblico nell’uso dell’IA.
  4. Implicazioni Transfrontaliere: Essendo applicabile a tutti i fornitori che intendono introdurre sul mercato o mettere in servizio sistemi AI ad alto rischio nell’UE, indipendentemente dalla loro ubicazione geografica, l’AI Act ha un forte impatto transfrontaliero. Le aziende non europee che mirano al mercato unico dovranno adattarsi a questi standard, potenzialmente rivedendo le proprie politiche e procedure per assicurare la conformità.
  5. Innovazione Responsabile e Sostenibile: Sebbene l’AI Act imponga rigorosi requisiti di conformità, mira anche a promuovere un’innovazione responsabile e sostenibile. Fornendo un quadro chiaro e prevedibile, l’atto può fungere da catalizzatore per lo sviluppo di soluzioni AI etiche e sicure, offrendo alle imprese l’opportunità di distinguersi per responsabilità e affidabilità.
Le implicazioni dell’AI Act per le imprese sono vastissime, richiedendo un attento esame delle proprie operazioni e strategie di sviluppo AI.
L’adozione proattiva di queste regolamentazioni non solo assicurerà la conformità ma potrà anche aprire nuove opportunità di mercato, rafforzando la fiducia dei consumatori e dei partner commerciali nell’ecosistema digitale europeo.

GPAI: Intelligenza Artificiale di Scopo Generale, l’Impatto sui Sistemi di AI Generativa e modelli linguistici.

Nel contesto dell’AI Act, i sistemi di Intelligenza Artificiale di Scopo Generale (GPAI, General Purpose AI) rappresentano una categoria distinta che merita attenzione specifica. Questi sistemi sono definiti come modelli di AI, addestrati su vasti set di dati, capaci di eseguire un ampio spettro di compiti indipendentemente dalla loro programmazione iniziale. La versatilità dei GPAI li rende strumenti potenti e flessibili, in grado di essere integrati in una varietà di applicazioni downstream, da quelli ad alto rischio a quelli di minore preoccupazione.
Dal punto di vista tecnico ci sono due grosse categorie di intelligenza artificiale, l’Intelligenza Artificiale Stretta (Artificial Narrow Intelligence, ANI) e l’Intelligenza Artificiale Generale (Artificial General Intelligence, AGI). ANI, anche nota come AI debole, è progettata per svolgere compiti specifici all’interno di un ambiente predefinito, utilizzando dataset ben etichettati per l’addestramento, come i sistemi di riconoscimento di immagini e di parole. Al contrario, AGI, o AI forte, mira a eseguire un’ampia gamma di compiti intelligenti, pensare in modo astratto e adattarsi a nuove situazioni.
L’AI Act riconosce il potenziale trasformativo ma anche i rischi dei GPAI, stabilendo requisiti specifici per i loro fornitori.
Questi includono l’obbligo di fornire documentazione tecnica dettagliata, istruzioni d’uso, rispetto della Direttiva sul Diritto d’Autore e la pubblicazione di un sommario relativo ai contenuti utilizzati per l’addestramento dei modelli.
Queste misure sono destinate a garantire che i GPAI siano sviluppati, distribuiti e utilizzati in maniera responsabile, tenendo conto della sicurezza, della trasparenza e dell’etica.
In particolare, i modelli GPAI che presentano un rischio sistemico, a prescindere dal loro utilizzo in licenza libera o proprietaria, devono sottostare a valutazioni del modello, test avversari, tracciamento e segnalazione di incidenti seri e assicurare protezioni adeguate per la cybersecurity. Questo approccio mira a mitigare i rischi che potrebbero emergere dall’uso pervasivo di tali tecnologie, assicurando che l’innovazione nel campo dell’AI proceda in modo che tuteli l’interesse pubblico.

Identificazione Biometrica nell’AI Act: Utilizzi, Rischi per la Privacy e Riflessioni Etiche

Utilizzi e Rischi per la Privacy:

L’AI Act europeo affronta in modo specifico le pratiche di identificazione biometrica, compresa l’identificazione in tempo reale, ponendo dei limiti rigorosi al loro utilizzo per mitigare i rischi relativi alla privacy e alla libertà individuale. L’identificazione biometrica, che comprende il riconoscimento facciale, l’analisi delle impronte digitali e altre forme di analisi basate sui dati biometrici, ha applicazioni potenzialmente positive nella sicurezza pubblica, nella prevenzione delle frodi e nell’accesso ai servizi. Tuttavia, queste tecnologie sollevano preoccupazioni significative riguardo alla privacy, al rischio di sorveglianza di massa e alla possibilità di abusi o errori che potrebbero portare a discriminazioni o ingiustizie.
L’AI Act vieta esplicitamente l’uso di sistemi AI che impiegano tecniche manipolative o ingannevoli, nonché quelli che categorizzano le persone sulla base di dati biometrici per inferire caratteristiche sensibili come razza, orientamento sessuale o opinioni politiche. Queste restrizioni mirano a prevenire l’uso discriminatorio della tecnologia e a proteggere i diritti fondamentali dei cittadini.

Riflessioni Etiche e Controllo Sociale:

La regolamentazione dell’identificazione biometrica nell’AI Act solleva questioni etiche profonde, soprattutto in relazione al potenziale per il controllo sociale e le analogie con sistemi di sorveglianza come quello implementato in Cina. Il sistema cinese di “social scoring“, che valuta i cittadini basandosi sul loro comportamento e attribuisce conseguenze nella vita reale a partire da questi punteggi, rappresenta un esempio estremo di come la tecnologia possa essere utilizzata per esercitare un controllo sociale pervasivo.
L’AI Act cerca di evitare questi scenari nel contesto europeo, proibendo pratiche che potrebbero portare a trattamenti ingiusti o sproporzionati basati sul comportamento sociale o sulle caratteristiche personali.
Tuttavia, nonostante gli sforzi normativi, persistono delle criticità intrinseche al modo in cui l’Europa si approccia alla regolamentazione dell’intelligenza artificiale e, in particolare, all’uso dell’identificazione biometrica. L’AI Act, pur rappresentando un tentativo di bilanciare innovazione e diritti individuali, solleva interrogativi su quanto effettivamente l’Unione Europea riesca a proteggere la libertà dell’individuo di fronte alle esigenze di sicurezza e controllo.
Strumenti normativi, inizialmente introdotti per scopi nobili, possono gradualmente espandere il loro ambito fino a diventare mezzi per un controllo più ampio e invasivo, che hanno spesso privilegiato interessi economici e politici a discapito delle comunità locali e della libertà di scelta dei consumatori.
La preoccupazione nasce dalla potenziale erosione della sfera privata e dalla crescente capacità degli Stati e delle entità commerciali di profilare, monitorare e influenzare i comportamenti individuali.
In questo contesto, l’AI Act europeo rischia di non essere sufficientemente incisivo nel prevenire scenari distopici in cui il controllo tecnologico diventa uno strumento pervasivo di governance sociale, non dissimile in spirito, se non in forma, dai sistemi di sorveglianza autoritari.
In assenza di una vigilanza costante e di una partecipazione attiva della società civile, anche le più ben intenzionate regolamentazioni possano trasformarsi in veicoli per accrescere il potere di sorveglianza degli Stati sui cittadini.
Questo solleva la necessità di un dibattito più ampio e profondo sulla natura dell’innovazione tecnologica che vogliamo promuovere, su chi ne detiene il controllo e su come assicurare che i benefici dell’IA siano distribuiti equamente, senza compromettere i valori fondamentali di libertà e autonomia individuale.

Conclusioni

In conclusione, mentre l’AI Act segna un passo importante verso un quadro normativo più etico e responsabile per l’uso dell’intelligenza artificiale, è fondamentale rimanere vigili sulle sue implementazioni e sulle implicazioni a lungo termine.
La sfida è garantire che queste tecnologie avanzate non diventino strumenti di controllo e coercizione, ma piuttosto mezzi per arricchire e ampliare lo spazio di libertà e possibilità per ogni individuo, in linea con i principi anarchici di autodeterminazione e resistenza a ogni forma di dominio.

Qui il testo completo ufficiale:
AI-Act-FullText

 

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